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5 cose che devi conoscere sull’effervescenza di un Conegliano Valdobbiadene Docg.

Che si tratti di un Conegliano Valdobbiadene Docg o di un metodo classico, come ad esempio un Trento Doc, l’aspetto visivo di uno spumante ci dice già molto sulla qualità del prodotto. In particolare oltre al colore del vino, che è ovviamente una questione centrale, l’aspetto che andremo ad osservare con maggiore attenzione è l’effervescenza del vino, in altre parole delle sue bollicine.

Perché il bicchiere giusto è così importante?

Prima di procedere sulle caratteristiche del perlage è bene considerare l’importanza del bicchiere. Fino a non moltissimi anni fa il bicchiere principe per la degustazione di uno spumante era il flûte: un calice dal gambo sottile e dalla forma allungata che aveva, ed ha tutt’ora, l’indubbio pregio di valorizzare al massimo l’effervescenza. Essendo stretto il flûte infatti limita l’emissione e la dispersione delle bollicine rendendole assolute protagoniste del nostro esame visivo: le vediamo salire verso l’alto in una giostra continua.

Il limite del flûte però, in particolare per un vino come il Conegliano Valdobbiadene Docg che ha una componente olfattiva moderatamente aromatica (a differenza di un Moscato ad esempio dove è molto più marcata) è inibire l’espandersi dell’aroma: le note floreali e fruttate sono uno degli aspetti più tipici del Prosecco Superiore Docg e per valorizzarli al meglio la scelta del bicchiere giusto è fondamentale. In questo caso allora ci avvaleremo di un calice a tulipano la cui ampia superficie permette al prosecco di esprimersi al meglio e di lasciarci cogliere tutte le sue sfumature espressive. Oggi, comunque, anche per la degustazione di metodi classici, ivi compreso lo Champagne, il calice preferito è quello a tulipano (di cui per inciso esistono innumerevoli varianti).

Piccola nota di servizio. Il Conegliano Valdobbiadene Docg non è una birra, non va quindi versato nel bicchiere a più riprese, magari con bicchiere inclinato. Pur essendoci diverse scuole di pensiero quella a nostro avviso più accreditata prevede che il vino venga versato tutto in una volta per favorire la produzione della schiuma, naturalmente con il giusto garbo. Fino a che il livello del vino (e non della schiuma!) non abbia raggiunto la parte più larga del bicchiere.

Adesso che abbiamo versato il nostro Conegliano Valdobbiadene nel calice andiamo a valutarne l’effervescenza.

Le 5 cose fondamentali

Intanto, come ormai ben sappiamo, l’effervescenza è un fenomeno dovuto alla presenza di anidride carbonica che, a contatto con l’ossigeno nell’atto stesso in cui il vino viene versato nel bicchiere, provoca spuma e bollicine. Qualunque sia il metodo utilizzato per realizzare il vino che andremo a bere (Charmat o Champenoise), e per quanto banale possa sembrare, questa è la caratteristica indispensabile che deve possedere un vino spumante.

L’esame dell’effervescenza (altrimenti noto come pétillement o più comunemente perlage) dovrà valutare:

  1. la spuma. Non dev’essere né troppo spessa né troppo cremosa, ma fine e asciutta per poi svanire nel giro di pochi secondi;
  2. la quantità delle bollicine. Devono essere molto numerose, non sporadiche e continue;
  3. la grana delle bollicine. Più piccolo è il diametro maggiore è la finezza e la qualità dello spumante. Dipende certo anche dalla tipologia di vino e dal metodo usato;
  4. la persistenza del fenomeno. In uno spumante di qualità le bollicine sono alimentate dalla fontanella che le spinge in superficie. In questo caso è bene valutare sia la continuità del perlage sia la velocità di risalita, che dev’essere il più lenta possibile;
  5. il collare. Ovvero l’anello di spuma finissima che, una volta svanita la spuma iniziale, si forma intorno alle pareti del bicchiere. La persistenza del collare è dovuta alle bollicine che, arrivate in superficie, si diffondono verso le pareti del bicchiere rimanendovi attaccate.

Tutte queste caratteristiche ma in particolare le dimensioni minime, il numero elevato e la lunga persistenza, indicano una buona spumantizzazione e annunciano, in fase gustativa, un frizzante gradevole, immune da fastidiosi eccessi di gas.

Un ultimissimo consiglio: quando vi apprestate a valutare il perlage non fate roteare il bicchiere per esaltare il corredo aromatico del vino come fareste comunemente con un qualsiasi vino fermo di qualità (bianco o rosso non cambia nulla): otterreste l’indesiderato effetto di smorzare la carica delle bollicine accelerando la scomparsa dell’anidride carbonica.